Osservatorio sul precariato: la dinamica dei flussi nel 2022

Da gennaio a novembre 2022 le assunzioni attivate dai datori di lavoro privati sono state 7.562.000, +13% rispetto allo stesso periodo del 2021. Secondo i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps, significativo risulta l’aumento delle diverse tipologie di contratti a termine, con 660.000 assunzioni per gli intermittenti (+18%), 331.000 per l’apprendistato (+13%), 3.320.000 per il tempo determinato (+12%), 945.000 per gli stagionali (+11%) e 1.003.000 per i somministrati (+6%). Le trasformazioni da tempo determinato nei primi undici mesi del 2022 sono risultate 687.000, evidenziando un fortissimo incremento rispetto allo stesso periodo del 2021 (+52%). Nello stesso periodo le conferme di rapporti di apprendistato (106.000) giunti alla conclusione del periodo formativo segnano un incremento del 5% rispetto all’anno precedente.

Un saldo annualizzato pari a 432.000 posizioni di lavoro

A novembre 2022 il saldo annualizzato risulta pari a 432.000 posizioni di lavoro. Il contributo a tale crescita è positivo per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato (+336.000), contratti a tempo determinato (+39.000), intermittenti (+38.000), di apprendistato (+18.000), e stagionali (+2.000). Negativo invece il contributo dei contratti somministrati (-1.000). Rispetto a ottobre segnano un incremento del saldo i contratti a tempo indeterminato e gli apprendisti, in flessione tutti gli altri.

Lavoro occasionale: -6% in un anno

Nel corso dei primi undici mesi del 2022, rispetto al corrispondente periodo del 2021, le assunzioni in somministrazione sono aumentate per entrambe le tipologie contrattuali, in particolare sono state registrate 46.000 assunzioni a tempo indeterminato (+65%) e 958.000 a termine (+4%). La consistenza dei lavoratori impiegati con contratti di Prestazione Occasionale (CPO) a novembre 2022 si attesta intorno alle 13.000 unità, -6% rispetto a novembre 2021. L’importo medio mensile lordo della remunerazione risulta pari a 239 euro. I lavoratori pagati con i titoli del Libretto Famiglia (LF), a novembre 2022 risultano circa 12.000, -8% rispetto a novembre 2021, mentre l’importo medio mensile lordo della loro remunerazione risulta pari a 172 euro.

Cessazioni: 6.824.000, +19%  

Le cessazioni fino a novembre 2022 sono state 6.824.000, +19% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente per tutte le tipologie contrattuali. In particolare, 582.000 cessazioni di contratti intermittenti (+33%), 2.478.000 di contratti a tempo determinato (+21%), 951.000 di contratti stagionali (+19%), 204.000 di contratti in apprendistato (+17%), 1.676.000 di contratti a tempo indeterminato e 934.000 di contratti in somministrazione (entrambi +15%). Tra gennaio e novembre 2022 tutte le tipologie di rapporti di lavoro incentivati presentano una dinamica positiva, più modesta per le attivazioni che hanno beneficiato dell’esonero giovani. Nel loro insieme i rapporti di lavoro incentivati sono cresciuti del 13%.

Intolleranza sui social, è allarme rosso: cresce l’odio verso donne, gay, disabili

Il linguaggio dell’odio è ormai una costante sui social media. E nel 2022, anno contrassegnato da instabilità e conflitti, le tensioni a livello sociale e politico non hanno fatto altro che acuirne la portata. Lo rivela la VII edizione della Mappa dell’Intolleranza 7.0 voluta da Vox Osservatorio Italiano sui Diritti, che fotografa il linguaggio via social. Al suo settimo anno di rilevazione, la mappatura consente l’estrazione e la geolocalizzazione dei tweet che contengono parole considerate sensibili e mira a identificare le zone dove l’intolleranza è maggiormente diffusa, diretta verso 6 gruppi: donne, persone omosessuali, migranti, persone con disabilità, ebrei e musulmani. Si tenta di rilevare il sentimento che anima le communities online, ritenute significative per la garanzia di anonimato che spesso offrono e per l’interattività che garantiscono.

Maggiore radicalizzazione dei discorsi d’odio 

L’analisi 2022, condotta fra il mese di gennaio e quello di ottobre, evidenzia una maggiore radicalizzazione dei discorsi d’odio. Fenomeno, questo, già registrato nella rilevazione dello scorso anno, ma quest’anno decisamente esploso. Ad oggi stiamo dunque assistendo a una verticalizzazione del fenomeno di odio online, per il quale la diffusività iniziale ha lasciato il posto a un modello di dinamiche sociali sempre più incisive e polarizzate. A un allargamento delle possibilità di scelta delle piattaforme social, corrisponde una selettività maggiore di messaggi di esclusione, intolleranza e discriminazione. In relazione a questi aspetti, risulta utile sottolineare il ruolo giocato dai mass media tradizionali nell’orientare e influenzare questa tipologia di comunicazione e narrativa. A questo proposito, si ritiene utile e necessaria una riflessione futura di più ampio respiro sulla consapevolezza di questo ruolo e delle sue implicazioni sociali.

Le categorie più colpite

Quali sono dunque le categorie più prese di mira? Le donne, le persone con disabilità, le persone omosessuali. Appare dunque evidente che una delle connotazioni dell’odio online rilevate dall’ultima Mappa è una forte concentrazione sui diritti della persona, sia essa donna, gay o disabile. A tal proposito, emerge sempre di più la necessità di educare all’uso dei social network e di ripensare le relazioni fra mass media, piattaforme e utenti, al fine di prevenire forme sempre più radicali di odio, che possono superare i confini della dimensione online. Tentando un confronto con l’anno precedente, nella rilevazione del 2021 (gennaio-ottobre) erano stati raccolti un totale di 797.326 tweet dei quali 550.277 negativi (il 69% circa vs. 31% positivi). Nella rilevazione del 2022 invece (periodo gennaio-ottobre), sono stati raccolti 629.151 tweet dei quali 583.067 negativi (il 93% circa vs. 7% positivi). Come già si evidenziava, sono stati rilevati meno tweet semanticamente centrati, ma il segno negativo è forte e predominante sul totale, segno evidente di una radicalizzazione del fenomeno. I cluster più colpiti: nel 2022 al primo posto svettano le donne (43,21%), seguite da persone con disabilità (33,95%), persone omosessuali (8,78%), migranti (7,33%), ebrei (6,58%) e islamici (0,15%). A fronte di un 2021, che vedeva una diversa distribuzione: donne (43,70%,), seguite da islamici (19,57%), persone con disabilità (16,43%), ebrei (7,60%), persone omosessuali (7,09%) e migranti (5,61%).

Car sharing nel post-covid: una lenta ripresa  

Secondo l’Osservatorio Nazionale Sharing Mobility, nonostante sia ancora lontano dai livelli del 2019 nel 2021 il car sharing è in leggera ripresa rispetto al 2020. Se il car sharing sia free-floating sia station-based risultano in difficoltà i numeri fanno comunque intuire un cambiamento nella modalità d’uso. Di fatto, il numero di noleggi in modalità free-floanting (privo di stalli di ritiro e riconsegna), ad esempio, è inferiore del 52% rispetto al 2019, ma dell’8,6% rispetto al 2020. Ma se a questo dato si affiancano quello dei chilometri percorsi e quello della durata media per noleggio, i primi risultano aumentati dell’8,8% rispetto al 2020 e la percorrenza media del 33,7% (da 7,4 km a 9,9 km). La durata media per noleggio, invece, è aumentata del 34% rispetto al 2019, passando da 32,6 a 43,7 minuti.

Rispondere a esigenze diverse rispetto a quelle del passato

I due dati portano a dedurre che il car sharing sta cambiando pelle per rispondere a esigenze diverse rispetto a quelle del passato. Non è un caso, infatti, che anche la tipologia dei veicoli si orienti vero auto a quattro porte e con la possibilità di assolvere a più funzioni. Se poi si comparano i dati relativi al car sharing con quelli della forte ascesa della micromobilità, è probabile che in passato il car sharing assolvesse a funzioni che non gli erano proprie, e che ora sono ben soddisfatte da mezzi come il monopattino e la bici, ritenuti dagli utenti più adatti alle proprie esigenze.

Free-floating: diminuiscono flotta e noleggi

Il tasso di rotazione del free-floating in Italia mostra un dato medio del 2,9, con un interessante picco a Torino, che potrebbe far presuppore la possibilità di ingresso per nuovi operatori.
Di pari passo con la contrazione dei noleggi (8%) anche la flotta di veicoli destinati al car sharing free-floating è diminuita del 10%, tornando a valori inferiori a quelli del 2016. Va ricordato che la diminuzione della flotta non dipende solo da un minor numero di noleggi, ma anche dalla difficoltà per alcuni operatori di approvvigionamento auto in fase di rinnovo della flotta. Una nota positiva riguarda le immatricolazioni dei veicoli elettrici, ripartiti con un gande sprint: +200% rispetto al 2020.

Station-based: meno noleggi ma più chilometri percorsi

Il numero di noleggi del car sharing station-based (ritiro e riconsegna in appositi stalli), è a -19% rispetto al 2019, ma in ripresa del 22,2% rispetto al 2020. 
Si tratta di volumi inferiori rispetto al free-floating, di cui lo station-based sta diventando un servizio complementare.
I chilometri percorsi sono aumentati del 13,6% rispetto al 2020, la percorrenza media è diminuita del 7,3% (da 25,8 km a 23,9 km), e la durata media per noleggio è diminuita del 10% rispetto al 2020.
Le immatricolazioni sono -5% rispetto al 2020, invertendo per la prima volta la tendenza alla crescita ininterrotta dal 2015. Le immatricolazioni dei veicoli elettrici, invece, sono a +17%, toccando il record del 45% del totale dei veicoli presenti nelle flotte station-based.

Vacanze autunno 2022: desiderio di viaggiare, ma lo scenario è complesso

Se le estati precedenti sono state contrassegnate dalle limitazioni imposte dalla pandemia, l’estate 2022, nonostante il Covid-19 non abbia ancora finito di destare apprensione, è stata sicuramente più spensierata.
Tra gli italiani ha prevalso la voglia di evasione, ma il ritorno alla quotidianità dopo le vacanze estive ha richiesto di fare i conti con l’aumento dei prezzi e le preoccupazioni per la guerra tra Russia e Ucraina. Preoccupazioni sempre crescenti, che riguardano in particolar modo il timore di una estensione del conflitto ad altri Paesi. Considerato questo scenario complesso, quali sono le intenzioni di viaggio degli italiani per l’autunno 2022? La risposta arriva dalla nuova rilevazione di Future4Tourism, l’indagine di Ipsos che dal 2017 analizza ed esplora i trend futuri del turismo, e che rileva un rallentamento della propensione degli italiani a concedersi momenti di vacanza durante l’autunno 2022.

Meno week-end fuori casa

Sebbene la quota di coloro che si concederanno momenti lontano da casa non è trascurabile (58%) va evidenziato come questa percentuale risulti in calo rispetto agli ‘autunni pre-pandemici’, con 7 punti percentuali in meno rispetto, ad esempio, al 2019. A risentirne saranno soprattutto i week-end, mentre le vacanze con un numero maggiore di notti previste fuori casa non appaiono compromesse: beneficiano infatti ancora dell’onda lunga dell’estate 2022, e probabilmente, di una prenotazione anticipata.  Inoltre, la tendenza continua a confermare una maggior preferenza per le mete italiane rispetto a quelle europee ed extra europee.

L’impatto dell’aumento dei prezzi

L’ultimo aggiornamento dell’indagine Future4Tourism verifica anche l’aspirazione delle diverse tipologie di vacanze e mete: la crociera, in caso di vincita di una vacanza premio, sarebbe la scelta preferita da oltre 1 italiano su 10, a dimostrazione dell’interesse e della curiosità verso un viaggio di questo tipo. Le crociere, pur rimanendo un tipo di vacanza tradizionalmente di nicchia, sono scelte da circa il 4% dei vacanzieri autunnali, contro il 2% dello stesso periodo 2019. Per chi ha deciso di non concedersi periodi di vacanza nel periodo autunnale, la motivazione economica è sicuramente forte, e potenzialmente, avrà un impatto anche sulle vacanze di Natale 2022. A settembre gli italiani che ipotizzano di andare in vacanza nel periodo natalizio sono il 17% (vs. 21% settembre 2021). 

Vacanze di Natale 2022

Le previsioni dicono che non diminuiscono solo i numeri assoluti dei vacanzieri, ma anche le notti fuori casa. Incrementano coloro che si concederanno solo una festività fuori casa, Natale, Capodanno, o Epifania, a scapito di quando si riuscivano a festeggiare almeno due ricorrenze lontano da casa. Allungando lo sguardo al periodo gennaio-marzo 2023, la quota che dichiara già di voler effettuare una vacanza si attesta al 34%. Un dato in linea con quanto rilevato nei periodi pre-pandemia. Certo, bisognerà fare i conti con i prossimi mesi per poter confermare questa tendenza, ma sicuramente gli italiani non sono ancora disposti a rinunciare al proprio desiderio di viaggiare. 

Com’è il mercato delle carte di credito in Italia?

Il mercato delle carte di credito in Italia nel 2022 conferma un’ulteriore evoluzione verso l’uso di strumenti alternativi al contante, e un maggiore utilizzo di strumenti innovativi. Nel 2021 aumentano le operazioni effettuate con carte di credito, e a fronte della ripresa dei consumi e della riduzione delle restrizioni dovute alla pandemia, anche gli importi complessivi transati registrano uno sviluppo significativo. Prosegue, inoltre, la rapida crescita delle carte prepagate, con un aumento delle transazioni e del valore delle operazioni. È quanto emerge dall’Osservatorio Carte di Credito e Digital Payments, condotto da Assofin, Nomisma, CRIF e Ipsos.

Aumentano i pagamenti effettuati con strumenti diversi dal contante

Nel 2021 il numero dei pagamenti effettuati con strumenti diversi dal contante a è cresciuto del 24%. Percentuale che sale al 29% se si considerano i pagamenti su pos con le sole carte di debito.
Altri fattori influiscono a questa evoluzione positiva: il cashback di Stato, e una ripresa dei servizi che hanno contribuito alla diffusione delle operazioni, in particolare, con le carte di debito. Allo stesso tempo, aumenta la corsa all’utilizzo di carte prepagate e carte rateali, riconducibile alla ripresa della spesa delle famiglie per viaggi e intrattenimento. L’e-commerce rappresenta un ulteriore elemento di stimolo: l’incidenza dei pagamenti online nel corso della prima parte del 2022 arriva al 24% delle operazioni complessive.

Le carte di pagamento

Nel 2021 le carte di credito in circolazione in Italia ammontano a circa 15,2 milioni. Rispetto al 2020 le carte di pagamento segnano un +53,5% per le carte di debito su pos, +18,2% per le carte di credito, e +34,7% per le prepagate. Nel 2021 cresce il numero delle carte presenti sul mercato, aumentano i volumi transati nonché il numero di operazioni. “Questo ha portato a una diminuzione dell’importo medio per operazione – commenta Roberta Gabrielli, senior project manager Nomisma -. Un dato che ci fa capire come l’utilizzo di strumenti di pagamento diversi dal contante stia diventando strutturale nel nostro Paese, i consumatori utilizzano sempre di più le carte anche per i piccoli pagamenti”. 

Le carte con funzione rateale

Sono sempre di più le carte che prevedono flessibilità in termini di rimborso della spesa: oggi la metà delle carte di credito attive è abilitata al rimborso, a saldo o a rate.
“Si tratta di un aumento ascrivibile in larga misura alla funzione di instalment, ovvero di finanziamento collegato a un piano di rimborso rateale, diffuso fra le carte charge, di origine bancaria”, sottolinea Kirsten Van Toorenburg, Responsabile studi, statistiche e formazione Assofin.
Nei primi sei mesi 2022 si registra quindi una ripresa del ricorso alla rateizzazione, e aumenta il maggiore utilizzo online delle carte di credito con funzione rateale, a prescindere dal tipo di rimborso.
Si assiste inoltre a una rapida diffusione di BNPL e pagamenti dilazionati, strumenti che offrono vantaggi ai clienti (costo zero, procedura di accesso facile), e opportunità ai retailer (incremento del fatturato, maggiore fidelizzazione, canale marketing, advertising).  

A Milano e provincia la cultura genera ricchezza, più che nel resto d’Italia

A Milano e provincia la cultura, nell’accezione più ampia del termine, paga, e tanto. A sottolinearlo è la dodicesima edizione del rapporto “Io sono cultura” realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere. Il report analizza il Sistema Produttivo Culturale e Creativo, ovvero tutte quelle attività economiche che producono beni e servizi culturali (core), ma anche tutte quelle attività che non producono beni o servizi strettamente culturali, ma che utilizzano la cultura come input per accrescere il valore simbolico dei prodotti, quindi la loro competitività, che nello studio definiamo creative-drive. All’interno del core coabitano attività molto diverse tra loro, accomunate dalla produzione e veicolazione di contenuti culturali e creativi. Dalle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio storico-artistico (attività dei musei, biblioteche, archivi, monumenti), alle arti visive e performative (attività dei teatri, concerti, etc.). A queste si aggiungono attività che operano secondo logiche “industriali” (musica, videogame, software, editoria, stampa), quelle dei broadcaster (radio, televisione), fino ad arrivare ad alcune attività appartenenti al mondo dei servizi (comunicazione, architettura, design).

Milano e la Lombardia in pole position

La grande area metropolitana di Milano è al primo posto nelle graduatorie provinciali per incidenza di ricchezza e occupazione prodotte, con il 9,5 e il 9,9%. Roma è seconda per valore aggiunto (8,5%) e quarta per occupazione (7,8%) mentre Torino si colloca terza (8,2%). Seguono, per valore aggiunto Arezzo (7,8%), Trieste (6,9%), Firenze (6,7%), Bologna (6,1%) e Padova (6 %). In termini di occupazione, la leadership per incidenza dei posti di lavoro sul totale dell’economia è da attribuire a Milano. Ma il ruolo della cultura non si ferma alla sola quantificazione dei valori della filiera. Importanti sono anche i legami tra cultura e turismo. 

Il valore della cultura a livello nazionale

In base ai dati contenuti dell’ultimo Rapporto, si scopre che il sistema produttivo culturale e creativo del 2021 vale 88,6 miliardi di euro, corrispondenti al 5,6% del valore aggiunto italiano e attiva complessivamente un giro d’affari di 252 miliardi di euro. Nonostante l’impatto della crisi dovuta alla pandemia, alcuni comparti culturali e creativi hanno mostrato segnali di tenuta generale. Non solo: alcuni settori hanno anche messo a segno incrementi importanti, come quello dei videogiochi e software che hanno registrato un aumento della ricchezza prodotta del 7,6%. Sul fronte dell’occupazione, il settore impiega circa un milione e mezzo di persone, pari al 5,8% dell’occupazione nazionale.

Moda: nel 2022 cresce l’export per Milano, Monza Brianza Lodi

Nei primi sei mesi del 2022 l’export della moda italiana raggiunge oltre 31 miliardi, con una crescita del 21,6% rispetto all’anno precedente. Nello stesso periodo, nell’area di Milano, Monza Brianza Lodi il settore moda ha generato esportazioni per un valore di 5,3 miliardi di euro (+31,3%), pesando per il 63% sul totale delle esportazioni lombarde del comparto. I principali partner commerciali per le esportazioni di abbigliamento, accessori in pelle e prodotti tessili di Milano Monza Brianza Lodi sono gli Stati Uniti, verso cui esportiamo prodotti per un valore di oltre 863 milioni di euro (+71,6%), la Cina, con oltre 565 milioni di euro (+28,4%) e la Corea del Sud, con 434 milioni di euro.

A Milano la moda vale il 3,2% di tutti i settori

Sono alcuni dati elaborati dall’Ufficio Studi della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati Istat aggiornati al 1° semestre 2022 e confrontati con il primo semestre 2021.
Il peso percentuale del settore moda di Milano sul totale complessivo delle imprese di tutti i settori è del 3,2%.  Secondo i numeri aggiornati al 30 giugno 2022, elaborati dall’Ufficio Studi della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi su dati del Registro Imprese, in totale in Italia le imprese attive nel settore moda sono 185.983, di cui 110.327 imprese operano nell’ambito del commercio e 75.656 nell’ambito del manifatturiero.

A Milano, Monza Brianza e Lodi 12.048 imprese attive nel fashion

Tra Milano Monza Brianza e Lodi il settore moda conta 12.048 imprese attive. Per la sola Milano, si tratta di 10.015 imprese, mentre l’area di Monza e Brianza ne conta 1744, e Lodi 289.
Il 39,7%% del totale del comparto moda di Milano, Monza Brianza e Lodi è rappresentato da imprese manifatturiere, con circa 4.784 imprese attive in termini assoluti. A queste si aggiungono 7.264 attività del commercio al dettaglio e all’ingrosso. 

Aumenta il volume degli scambi commerciali: +71,6%

Nei primi sei mesi del 2022 l’export del settore moda dei territori di Milano Monza Brianza Lodi rappresenta circa il 63% delle esportazioni lombarde di questi prodotti e vale oltre 5,3 miliardi di euro. Di questi, 2,6 miliardi hanno origine dalle esportazioni di articoli di abbigliamento, compresi gli articoli in pelle e pelliccia, e oltre 2 miliardi dall’export di articoli in pelle (accessori, scarpe, eccetera) escluso l’abbigliamento. Stati Uniti, Cina, Corea del Sud, Francia e Svizzera sono i primi 5 Paesi di destinazione. Il volume degli scambi evidenzia un aumento rispetto al 2021 del +71,6% con gli Stati Uniti, +28,4% con la Cina, +56,2% con la Corea del Sud, +13,5% con la Francia, e +59,2% con la Svizzera.

L’Italia migliora in “benessere digitale”: sale di 8 posizioni nel Digital Quality of Life Index

Più otto posizioni rispetto l’anno scorso: ora l’Italia si colloca alla 19a posizione del Digital Quality of Life Index, la classifica periodica realizzata da Surfshark, società di protezione dei dati sul Web, che analizza lo stato globale della qualità di Internet e del benessere digitale. Elaborata utilizzando i dati open source delle Nazioni Unite, della Banca Mondiale, di Freedom House, dell’Unione Internazionale delle Comunicazioni e di altre fonti internazionali, questa singolare hit ha coinvolto ben 117 paesi, che insieme rappresentano il 92% della popolazione mondiale. I macro parametri per stilare la classifica sono cinque – poi suddivisi in  ulteriori 14 indicatori -:  qualità di Internet, e-government, e-infrastrutture, accessibilità a Internet e e-security. 

Obiettivo: scoprire la qualità della vita digitale

Scopo del rapporto è scoprire la “qualità della vita digitale per vedere come le diverse nazioni riescono a fornire le necessità digitali di base ai loro cittadini. Soprattutto, la nostra ricerca cerca di mostrare il quadro completo del divario digitale globale di cui soffrono milioni di persone” come spiega  Gabriele Racaityte-Krasauske, responsabile PR di Surfshark. In questo contesto, come si posiziona l’Italia? Il nostro paese può decisamente fare meglio per quanto concerne la qualità di Internet (valore per cui siamo al 42 posto), mentre sono ottimi i risultati in termini di accessibilità alla rete, che portano la penisola al 12° posto nel mondo in questa categoria. Altri dati significativi che riguardano l’Italia sono la 17a posizione in merito alla sicurezza per la navigazione, la 23a per la qualità dell’infrastruttura e il 26° posto in classifica in Governance digitale. Rispetto all’anno passato, il nostro paese ha fatto passi avanti sulla velocità della navigazione: più 18,4% sulle reti mobili (8,7 Mbps) e più 19,3% sulle reti fisse a banda larga (17,6 Mbps), posizionandosi così al 39° posto per la velocità della rete.

L’accessibilità è il fiore all’occhiello dell’Italia

In questa singolare classifica appare quale sia il vero plus dell’Italia digitale: l’accessibilità (ovvero la convenienza) di Internet, tanto che siamo al 12° posto della classifica mondiale. Nel nostro paese, infatti, basta l’equivalente economico di 20 secondi di lavoro mensili per acquistare 1 GB di Internet su reti mobili. Numeri lontanissimi dalla situazione che si riscontra in fondo alla classifica, con paesi come Uganda e Costa d’Avorio dove 1 GB di Internet vale 2 settimane di lavoro. Non sorprende perciò che la classifica generale sia dominata da paesi europei. Sette dei primi dieci paesi si trovano nel Vecchio Continente. La vetta del podio è occupata da Israele, seguito da Danimarca, Germania, Francia, Svezia.

Tecnologia di consumo: ancora in crescita ma il rallentamento è all’orizzonte

La prima parte del 2022 è leggermente positiva per il mercato della Tecnologia di consumo. Secondo i dati GfK, il fatturato è cresciuto del +0,7%, raggiungendo i 6,4 miliardi di euro. A trainare la crescita è il comparto dell’Audio/Video, che cresce del +30,9%. Dopo un 2021 record per il settore della Tecnologia di consumo, il mercato continua quindi a registrare un trend positivo, ma si intravedono i primi segnali di rallentamento. Secondo le rilevazioni GfK, le vendite sono cresciute e il valore complessivo del mercato ha raggiunto infatti 6,4 miliardi di euro nei primi cinque mesi dell’anno. Se si confronta il dato con il periodo pre-pandemico si può comunque constatare una crescita molto forte, pari al +18,7% rispetto allo stesso periodo del 2019.

L’Elettronica di Consumo guida la crescita

A guidare la crescita del mercato è la performance molto positiva del comparto Elettronica di Consumo, cresciuto del +30,9%, che include al proprio interno i Decoder (+248%) e soprattutto le TV (+31,6%). Queste ultime, favorite dalla domanda legata allo switch-off, arrivano a generare il 13,7% del valore complessivo del mercato italiano, e sono il prodotto che più sostiene la crescita del mercato. Se si dovessero escludere dall’analisi, il mercato mostrerebbe un trend negativo rispetto allo scorso anno del -2,9%.

Nel 2022 l’Information Technology/Office è il settore più “negativo”

Analizzando gli altri settori GfK registra trend leggermente negativi per il Grande Elettrodomestico (-0,5%) e il Piccolo Elettrodomestico (-0,8%), mentre la Telefonia mostra una leggera crescita (+0,7%) e si conferma il settore più importante per fatturato, con un peso sul totale pari al 34%.
L’Information Technology/Office invece è il settore più negativo (-14,5%), ma occorre ricordare che nel 2020 e nel 2021 aveva fatto registrare vendite record per le necessità legate a Smart Working e DAD.

In forte crescita l’Home Comfort: +25,6%

Al contrario, buona la prestazione del settore Photo (+3,4%), che negli ultimi anni aveva sofferto, mentre è in forte crescita l’Home Comfort (+25,6%), favorito dalle alte temperature registrate a maggio, che hanno contribuito alla vendita di Condizionatori (+34,6%) e fanno ben sperare per i successivi mesi estivi. In generale, le vendite online hanno evidenziato una performance migliore rispetto alle vendite nei negozi fisici (+5,2% rispetto a -0,8%) e continuano a crescere in termini di peso, raggiungendo il 25,7% del totale fatturato generato, contro il 24,6% del periodo gennaio-maggio 2021, e il 24,2% del totale registrato nell’anno 2021.

Come aprire un piccolo business in Italia? Ricerche a +400% 

Se tra inflazione, aumenti energetici e problemi nel reperimento di alcune materie prime gli imprenditori italiani sembrano essere scoraggiati dal contesto economico, c’è chi dall’estero guarda con interesse il nostro paese. Secondo i dati Istat, nel primo trimestre 2022 si evidenzia infatti un calo delle nuove attività registrate (-8,6%), ma secondo i dati di Semrush, piattaforma di Saas per la gestione della visibilità online, la query ‘starting a business in Italy as an american’ ha registrato un incremento di digitazioni del 400%. In forte aumento anche la più generica ricerca ‘starting a small business in Italy’ (+350%), e quella che interroga il web in modo più diretto (‘how to start a small business in Italy’, +100%), per capire i passi da compiere per avviare un’attività nel nostro Paese.

Gli e-commerce registrano la crescita maggiore

Le attività che suscitano maggiore interesse sono i bed and breakfast, in calo invece palestre e gelaterie, ma sono gli e-commerce a registrare la crescita maggiore. L’aumento della digitalizzazione nel nostro Paese ha portato inoltre i consumatori ad acquisire una maggior confidenza con gli acquisti online. Secondo i dati degli Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano, in Italia si è registrata una crescita del 23% nel 2021, e si stima un ulteriore aumento del 14% nel corso di questo anno.

Più ricerche per aprire un B&B, meno per palestre e gelaterie  

Per quanto riguarda le tipologie di attività che suscita il maggior interesse negli imprenditori, le ricerche su come aprire un bed and breakfast sono le più numerose, con una media di 2.300 volte al mese. Ma a registrare la crescita maggiore sono gli e-commerce, con un incremento del 213%.
In calo, invece, le ricerche su come aprire palestre e gelaterie, entrambe a -33% circa. Per quanto riguarda le palestre, durante il primo lockdown del 2020 si è verificato un boom dei corsi di fitness online (in quel periodo Semrush aveva documentato incrementi di ricerche online anche del 1.000%). Una volta tornati ad aprire i centri sportivi, però, molte persone hanno scelto di mantenere quella modalità di allenamento, senza rinnovare gli abbonamenti in palestra.

Nonostante le difficoltà l’Italia è guardata con interesse dagli imprenditori esteri

Quanto alle gelaterie, riferisce Adnkronos, forse preoccupa la stagionalità del prodotto, che unita a un contesto economico critico e instabile, porta chi desideri investire in una nuova attività in questo momento a concentrarsi su altro.
“Nonostante le difficoltà del momento, l’Italia è guardata con interesse dagli imprenditori esteri, che stanno valutando le aperture di nuovi business nei nostri paesi, informandosi sugli step da compiere – spiega Chiara Clemente, Marketing Manager Italia di Semrush -. Questi dati ci dipingono uno scenario che sembra andare verso un maggior dinamismo e una ripresa economica”.