Driver e valori lavorativi: 4 generazioni a confronto

I giovani della GenZ entrano nel mondo del lavoro portando una prospettiva diversa rispetto alle generazioni precedenti, contraddistinta dal desiderio di coltivare altre dimensioni della vita personale.
Ma se in generale per la GenZ il lavoro perde centralità, non è così per le giovani donne. Smentendo lo stereotipo che vuole gli uomini nel ruolo di ‘breadwinner’, le donne si rivelano vere e proprie ‘equilibriste’, che per affermarsi nella sfera lavorativa sottraggono tempo al proprio benessere.

Emerge dalla ricerca ‘Oltre le generazioni. Esperienze, relazioni, lavoro’, realizzata dal Centro Studi di Valore D, in collaborazione con Behave Lab dell’Università degli studi di Milano. Lo studio indaga la realtà delle 4 generazioni attualmente attive nel mercato del lavoro, Baby Boomers (BB), GenX, Millennials e GenZ.

Copertura sanitaria o worklife balance?

Copertura sanitaria e stabilità contrattuale sono in cima alla classifica dei driver più importanti per i senior, mentre per Millenial e GenZ prevalgono un aspetto esplorativo e l’importanza del worklife balance.

Per le giovani generazioni anche la possibilità di ottenere congedi è un driver importante. Quello che chiedono è un riconoscimento della genitorialità che vada oltre gli stereotipi di genere.
La motivazione a lavorare sulle proprie competenze accomuna invece tutte le generazioni. Ma se l’upskilling emerge in particolare nella GenZ, il reskilling è una richiesta sentita da un Baby Boomer su tre.

Flessibilità, smart working, sostenibilità cruciali per tutti

Flessibilità e smart working emergono come modalità lavorative cruciali per tutte le 4 generazioni, e vengono richieste in percentuali simili da donne e uomini.
Implementare forme di lavoro sostenibile è un driver necessario al benessere, perché consente di bilanciare lavoro e vita privata. Un’esigenza che non appartiene solo ai giovani.

I BB però si sentono poco valorizzati ed esclusi dalla vita aziendale, nonostante persista la voglia di contribuire attivamente e trasmettere il proprio know-how alle nuove generazioni.
Pur mantenendo un certo grado di autorevolezza tra i colleghi, in molti si percepiscono in un limbo di prepensionamento, uno spreco di capitale umano, in particolare chi ha ancora diversi anni da trascorrere in azienda.

Parola di HR: talento non è sinonimo di giovane

Analogamente, anche la GenZ si trova in una zona d’ombra, a cavallo tra l’ingresso in azienda e la piena partecipazione/riconoscimento nell’organizzazione.
Quasi uno su due (47,8%) percepisce la propria età come un ostacolo a far valere le proprie opinioni con colleghi e responsabili.

I Millennials, invece, sono potenzialmente nella loro golden age nell’attuale mercato del lavoro, ma 1 su 3 considera l’età come un ostacolo per ottenere una promozione, e 1 su 4 riscontra difficoltà nello sviluppo professionale e personale.
Tra gli specialisti Hr e Dei emerge poi la messa in discussione del termine ‘talento’ come sinonimo di giovane età.

Le parole più usate per descrivere il talento in azienda, entusiasmo, curiosità, capacità di adattamento, brillantezza, buona volontà, sono senza limiti anagrafici.