Driver e valori lavorativi: 4 generazioni a confronto

I giovani della GenZ entrano nel mondo del lavoro portando una prospettiva diversa rispetto alle generazioni precedenti, contraddistinta dal desiderio di coltivare altre dimensioni della vita personale.
Ma se in generale per la GenZ il lavoro perde centralità, non è così per le giovani donne. Smentendo lo stereotipo che vuole gli uomini nel ruolo di ‘breadwinner’, le donne si rivelano vere e proprie ‘equilibriste’, che per affermarsi nella sfera lavorativa sottraggono tempo al proprio benessere.

Emerge dalla ricerca ‘Oltre le generazioni. Esperienze, relazioni, lavoro’, realizzata dal Centro Studi di Valore D, in collaborazione con Behave Lab dell’Università degli studi di Milano. Lo studio indaga la realtà delle 4 generazioni attualmente attive nel mercato del lavoro, Baby Boomers (BB), GenX, Millennials e GenZ.

Copertura sanitaria o worklife balance?

Copertura sanitaria e stabilità contrattuale sono in cima alla classifica dei driver più importanti per i senior, mentre per Millenial e GenZ prevalgono un aspetto esplorativo e l’importanza del worklife balance.

Per le giovani generazioni anche la possibilità di ottenere congedi è un driver importante. Quello che chiedono è un riconoscimento della genitorialità che vada oltre gli stereotipi di genere.
La motivazione a lavorare sulle proprie competenze accomuna invece tutte le generazioni. Ma se l’upskilling emerge in particolare nella GenZ, il reskilling è una richiesta sentita da un Baby Boomer su tre.

Flessibilità, smart working, sostenibilità cruciali per tutti

Flessibilità e smart working emergono come modalità lavorative cruciali per tutte le 4 generazioni, e vengono richieste in percentuali simili da donne e uomini.
Implementare forme di lavoro sostenibile è un driver necessario al benessere, perché consente di bilanciare lavoro e vita privata. Un’esigenza che non appartiene solo ai giovani.

I BB però si sentono poco valorizzati ed esclusi dalla vita aziendale, nonostante persista la voglia di contribuire attivamente e trasmettere il proprio know-how alle nuove generazioni.
Pur mantenendo un certo grado di autorevolezza tra i colleghi, in molti si percepiscono in un limbo di prepensionamento, uno spreco di capitale umano, in particolare chi ha ancora diversi anni da trascorrere in azienda.

Parola di HR: talento non è sinonimo di giovane

Analogamente, anche la GenZ si trova in una zona d’ombra, a cavallo tra l’ingresso in azienda e la piena partecipazione/riconoscimento nell’organizzazione.
Quasi uno su due (47,8%) percepisce la propria età come un ostacolo a far valere le proprie opinioni con colleghi e responsabili.

I Millennials, invece, sono potenzialmente nella loro golden age nell’attuale mercato del lavoro, ma 1 su 3 considera l’età come un ostacolo per ottenere una promozione, e 1 su 4 riscontra difficoltà nello sviluppo professionale e personale.
Tra gli specialisti Hr e Dei emerge poi la messa in discussione del termine ‘talento’ come sinonimo di giovane età.

Le parole più usate per descrivere il talento in azienda, entusiasmo, curiosità, capacità di adattamento, brillantezza, buona volontà, sono senza limiti anagrafici.

Aprire un negozio vintage: come arredarlo?

Aprire un negozio vintage è un’idea imprenditoriale sempre più in voga. I prodotti vintage sono infatti sempre più ricercati dai consumatori, che apprezzano il loro stile unico e la loro storia.

Se stai pensando di aprire un negozio vintage, uno degli aspetti più importanti da considerare è certamente l’arredamento. L’arredamento del tuo negozio è infatti il vero biglietto da visita per i tuoi clienti, e può aiutarti a creare l’atmosfera giusta per il tuo business.

Noi abbiamo pensato per questo di fornirti alcune idee utili e creative al riguardo, ma prima cerchiamo di capire perché la gente ama il vintage e cosa spinge le persone ad acquistare oggetti di un’epoca lontana.

Perché la gente ama il vintage?

La gente ama il vintage per una serie di motivi. Innanzitutto, gli oggetti vintage sono unici e originali. Sono prodotti che non si trovano più in commercio, e che hanno una storia da raccontare.

In secondo luogo, gli oggetti vintage sono spesso di alta qualità. Sono realizzati con materiali e tecniche che oggi non esistono più, e sono quindi più duraturi e resistenti.

Inoltre, gli oggetti vintage possono essere un modo per esprimere la propria personalità e il proprio stile.

Cosa spinge le persone ad acquistare oggetti di un’epoca lontana?

Le persone che acquistano oggetti vintage sono motivate da una serie di fattori. Alcuni sono alla ricerca di un oggetto che possa raccontare una storia. Altri sono alla ricerca di un oggetto di alta qualità, che duri nel tempo. Altri ancora sono alla ricerca di qualcosa che ricordi la gioventù o i bei tempi che furono.

Qualsiasi cosa spinga le persone ad acquistare oggetti vintage, tu fai bene a fare in modo da non deludere le loro aspettative e creare un’atmosfera che ricordi i tempi passati. Ecco di seguito alcuni consigli in merito.

Crea un’atmosfera accogliente

L’obiettivo principale dell’arredamento di un negozio vintage è quello di creare un’atmosfera che soddisfi quel desiderio di “viaggio nel tempo”. I clienti devono sentirsi a proprio agio nel tuo negozio, e devono percepire quell’atmosfera di nostalgia mista a voglia di scoprire i tuoi prodotti.

Per creare un’atmosfera accogliente, puoi ricorrere a mobili e accessori vintage e arredare così a tema ogni ambiente. I mobili vintage donano infatti al tuo negozio un tocco di personalità e di autenticità. Puoi anche utilizzare luci soffuse e tessuti naturali per creare un ambiente ancora più caldo e confortevole.

Evidenzia i tuoi prodotti

L’obiettivo dell’arredamento del tuo negozio è anche quello di evidenziare per bene i tuoi prodotti. I clienti devono essere in grado di vedere facilmente la merce esposta e di apprezzarne la bellezza.

Per evidenziare i tuoi prodotti al meglio, puoi utilizzare scaffali e vetrine retroilluminate. Puoi anche ricorrere ad un layout del negozio che permetta ai clienti di vedere facilmente tutti i tuoi prodotti.

Utilizza le insegne vintage

Le insegne vintage sono un modo perfetto per dare al tuo negozio un tocco di stile e di originalità, oltre che il fascino del passato. Le insegne vintage sono disponibili in una grande varietà di stili e colori, e possono essere personalizzate come preferisci per adattarsi al tuo negozio.

Questo può essere davvero un ottimo modo per attirare l’attenzione dei passanti e promuovere il tuo negozio.

Crea un’atmosfera magica

I clienti devono sentirsi come se stessero esplorando un tesoro quando varcano la soglia del tuo negozio. L’arredamento dovrebbe dunque incoraggiare i clienti a curiosare e a scoprire i tuoi prodotti.

Per creare un’atmosfera particolare, puoi giocare non solo con gi arredi ma anche con le luci e le decorazioni. Puoi pensare anche di nascondere alcuni dei tuoi prodotti in modo da invogliare i clienti a cercarli.

Prospettive finali

L’arredamento di un negozio vintage è un aspetto davvero importante da considerare se stai pensando di aprire un negozio di questo tipo.

Fai bene per questo a scegliere l’arredamento giusto e creare un’atmosfera accogliente, riuscendo così ad evidenziare i tuoi prodotti.

Non dimenticare però la cosa più importante: chi varca la soglia di un negozio vintage vuole sognare, tornare indietro nel tempo. Fai in modo che ognuno possa sentirsi nel periodo più bello della propria vita ed il tuo negozio sarà già un successo!

A Natale sono oltre 35mila le opportunità di lavoro offerte dalle agenzie

Sono oltre 35mila le opportunità offerte dalle agenzie per il lavoro nel bimestre novembre-dicembre 2023 su tutto il territorio nazionale.
Addetti alle vendite, promoter, visual merchandiser, magazzinieri, autisti e rider. E poi ancora aiuti cuoco, camerieri, decoratori e animatori per eventi di Natale, sono alcune tra le 30 figure professionali più ricercate in vista delle festività 2023.

È quanto emerge da una rilevazione effettuata da Assolavoro Datalab, l’Osservatorio dell’Associazione Nazionale delle Agenzie per il Lavoro, su dati interni al settore e su fonti terze qualificate, come Excelsior, Linkedin, Trovit, Indeed.

Cercasi commessi, anche digitali, e addetti alla preparazione ordini, anche e-commerce

Assolavoro Datalab suddivide le 30 figure professionali in 3 categorie, le 10 professioni nella vendita e nei servizi collegati, le 10 professioni nel settore della gestione ordini, logistica e trasporti, e le 10 professioni relative ad allestimento, realizzazione eventi, attività ricettive e ristorazione.

Nella vendita e nei servizi collegati, in particolare, si rileva un elevato livello di richieste di commessi, anche digitali, di promoter, banconisti, scaffalisti e addetti al back office dei reparti. Mentre il settore della gestione degli ordini, logistica e trasporti, offre numerose opportunità soprattutto per addetti alla preparazione ordini, anche per e-commerce, addetti al picking, mulettisti, corrieri e fattorini.  

Boom di richieste dalle attività ricettive e ristorazione

In vista del picco per le vacanze invernali si registra poi un boom di richieste anche per le professioni legate alle attività ricettive e alla ristorazione, quali barman, addetti alla caffetteria, e addetti di cucina.

Tra i profili richiesti nel periodo natalizio vi sono poi anche figure tecniche e artistiche specializzate in allestimenti, tra le quali decoratori, addetti alle luminarie e montatori di casette di Natale e stand.
Centri commerciali, catene di negozi e anche i singoli punti vendita ricercano poi personale che possa intrattenere grandi e bambini animando l’atmosfera natalizia con l’interpretazione del ruolo di Babbo Natale e di altri figuranti natalizi.

Offresi contratti di lavoro in somministrazione e a tempo determinato

Solitamente sono posizioni per le quali si richiede disponibilità a lavorare su turni e nei giorni festivi, flessibilità negli orari, e buona conoscenza di almeno una lingua straniera.
Si tratta per lo più di contratti di lavoro in somministrazione, ovvero con le tutele e la retribuzione tipica del lavoro dipendente e, per quelli a tempo determinato, con occasioni doppie di reimpiego allo scadere del rapporto di lavoro.

Transazione ecologica, benefici economici superiori ai costi

La transizione verso un’economia verde, decarbonizzata, circolare e rigenerativa rappresenta un’opportunità di sviluppo, innovazione ed occupazione in grado di generare benefici economici superiori ai costi. Secondo una recente indagine condotta in occasione della 12ª edizione degli Stati Generali della Green Economy, questa transizione offre vantaggi economici notevoli.

La decarbonizzazione dell’economia italiana porta un risparmio di 6,6 miliardi di euro all’anno

La decarbonizzazione dell’economia italiana, che comporta un costo annuale di 14,7 miliardi di euro nel periodo 2020-2030, porta con sé un risparmio diretto di 6,6 miliardi di euro all’anno. Inoltre, il settore della decarbonizzazione genera un indotto che assicura entrate aggiuntive per lo Stato pari a 53 miliardi di euro all’anno, un valore molto superiore agli investimenti necessari.
Investire nelle energie rinnovabili, con l’obiettivo di raggiungere una capacità di 123 GW entro il 2030, creerebbe 430.000 nuovi posti di lavoro. La promozione della circolarità nei rifiuti porterebbe all’occupazione di 97.000 persone, e un investimento di 261 milioni di euro nel ripristino degli ecosistemi genererebbe un valore aggiunto dieci volte superiore.

Gli obiettivi europei

La piena attuazione degli obiettivi europei di decarbonizzazione al 2030 comporterebbe un risparmio complessivo di costi energetici ed emissioni di circa 66 miliardi di euro, con un impatto positivo sulle attività economiche e sul bilancio dello Stato. Le entrate previste includono imposte dirette e indirette, contributi sociali e altre voci, per un totale di 529,5 miliardi di euro accumulati entro il 2030.
Questi vantaggi deriverebbero da un investimento aggiuntivo di 147 miliardi di euro.

Meno consumo di materiali, di suolo, di verde

La circolarità economica, se pienamente attuata, ridurrebbe il consumo complessivo di materiali del 14,5% entro il 2030 rispetto al 2020, diminuendo la quantità di rifiuti prodotti del 17 milioni di tonnellate entro il 2030 e aumentando la quantità di rifiuti sottoposti a riciclo del 18% entro il 2030, portando il tasso di riciclo al 89,8% nel 2030.

Infine, un’economia rigenerativa implica il ripristino del capitale naturale danneggiato. L’erosione del suolo, la trasformazione della copertura del suolo e la perdita di vegetazione naturale hanno comportato perdite economiche significative. Il ripristino degli ecosistemi in Italia porterebbe benefici di circa 2,4 miliardi di euro, con costi di intervento per il risanamento e la tutela stimati in 261 milioni di euro.

Customer Experience: ancora poche aziende sono mature

In Italia circa un terzo di grandi aziende e Pmi operanti nel B2b afferma di adottare un approccio ‘cliente-centrico’, ma in realtà solo una piccola percentuale ha realizzato una completa trasformazione in questo senso.
Solo l’8% delle aziende ha infatti un approccio ‘maturo’, che sfrutta appieno i vantaggi di una relazione personalizzata e collaborativa con i clienti.

In un contesto internazionale caratterizzato da prezzi delle materie prime e pressione fiscale in aumento, la gestione efficace della customer experience in ambito B2b potrebbe invece essere la strada giusta per battere la concorrenza.
Emerge da una ricerca dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b della School of Management del Politecnico di Milano.

Le filiere più promettenti

Se il 14% delle aziende può essere definito ‘promettente’ tra le filiere all’avanguardia si distinguono quella Finanziaria e del Terziario Avanzato. Considerando però la totalità delle aziende quasi la metà si trova ancora in fase embrionale rispetto a questa trasformazione. Il 26% è ‘immaturo’, non dispone né di una visione chiara né di strumenti organizzativi e tecnologici adeguati, e il 23% sta compiendo i primi passi grazie all’adozione di alcune attività preliminari.

La filiera agroalimentare si muove invece a due velocità. Da un lato mantiene un approccio tradizionale e fisico con clienti e intermediari commerciali, posizionandosi nel 32% dei casi nel cluster ‘immature’, dall’altro il 19% si trova nel cluster ‘promettenti’.

Un modello cliente-centrico richiede dotazione tecnologica

Per un modello ‘cliente centrico’ serve un’opportuna dotazione tecnologica di piattaforme e strumenti in grado di valorizzare gli scambi informativi. Le imprese B2b mostrano però ancora immaturità nella raccolta e nell’integrazione di queste informazioni.
Nessuna azienda è pienamente matura dal punto di vista dell’infrastruttura tecnologica, e per più della metà questa non è adeguata a una prospettiva cliente-centrica.

Strumenti come il CRM sono presenti solo nel 34% delle imprese, e manca una capacità avanzata di analisi dei dati. Quasi un terzo delle aziende non effettua alcun tipo di analisi dei dati sui clienti, e il 57% si limita ad analisi di tipo descrittivo.
Il 52%, poi, utilizza esclusivamente tool di base, come Excel, che non permettono una condivisione efficace e tempestiva delle informazioni.

Manca una funzione organizzativa ad hoc

“Una strategia che sia orientata al cliente richiede prima di tutto un’organizzazione ad hoc, che coinvolga tutti gli attori e i processi nella relazione, con iniziative o strumenti declinati per ciascuna realtà – commenta Paola Olivares, Direttrice dell’Osservatorio Customer Experience nel B2b – eppure, nel 69% delle aziende manca una funzione responsabile dei progetti di customer experience, e quando esiste, raramente riporta all’Amministratore Delegato. Solo il 17% delle aziende valuta positivamente la collaborazione tra le funzioni aziendali. Parallelamente occorre stabilire una relazione collaborativa con il cliente, basata su un dialogo costante e sul supporto reciproco, ma solo il 24% delle aziende si riconosce in questo approccio”.

In Italia 1 impresa su 4 è donna

In Italia, quasi una impresa su quattro (22,2%) è gestita da donne, il che rappresenta un esercito di oltre 1,3 milioni di aziende femminili che stanno portando innovazioni nell’economia del paese. Questi dati emergono da un’analisi della Coldiretti basata su dati Unioncamere, diffusa in occasione dell’Assemblea di Coldiretti Donne Impresa a Roma. La maggior parte delle imprese femminili opera nel settore del commercio, con 340.000 unità (pari al 25% del totale). Al secondo posto c’è l’agricoltura, con 203.000 donne imprenditrici (15% del totale), seguita dai servizi di alloggio e ristorazione, con 134.000 imprese (10% del totale). Questi dati confermano che il settore alimentare, in tutte le sue forme, è uno dei più popolari tra le imprese femminili.

Resiste il divario di genere

Nonostante i progressi, esiste ancora un significativo divario di genere, come evidenziato dall’ultimo censimento Istat. Tuttavia, la percentuale di aziende agricole condotte da donne è aumentata costantemente nel corso dei decenni, raggiungendo il 31,5% delle aziende agricole totali.

Il fascino di tornare alla campagna

Il fascino della campagna sembra essere in crescita tra le donne, che vedono l’agricoltura come un settore in grado di offrire opportunità occupazionali e di crescita professionale. La presenza delle donne in agricoltura sta rivoluzionando il lavoro nei campi, spaziando dall’allevamento alla coltivazione, dalla trasformazione dei prodotti alla vendita diretta. Inoltre, le attività sociali, come le fattorie didattiche e gli agriasili, stanno diventando un importante motore per l’inclusione nel mondo del lavoro delle donne meno fortunate, spesso vittime di violenze e abusi.

Il 25% delle imprenditrici agricole ha una laurea

Le imprenditrici agricole sono spesso giovani e altamente qualificate, con il 25% di loro laureate. Molte di loro provengono da percorsi di studio o esperienze in settori diversi prima di scegliere l’agricoltura. Oltre il 50% delle donne impegnate in agricoltura svolge più di una attività connessa alla produzione primaria, come la vendita diretta, l’agriturismo e la trasformazione dei prodotti.

Le donne più attente alla sostenibilità e al biologico

Molte di queste donne hanno scelto di dedicare parte della loro produzione all’agricoltura biologica o biodinamica e stanno lavorando per una filiera di qualità orientata alla sostenibilità, alla tutela della biodiversità, del paesaggio e del benessere animale. Le donne imprenditrici in agricoltura svolgono un ruolo fondamentale nel preservare e valorizzare le aree rurali, creando legami profondi con il territorio.

Milano, Monza Brianza e Lodi in crescita nonostante le incertezze

Il tessuto imprenditoriale di Milano Monza Brianza Lodi risponde positivamente al clima di instabilità: il saldo tra imprese iscritte e cessate nei territori si attesta a + 9.012, con un incremento del +1,9%. Complessivamente nel 2022 sono 468.890 le imprese registrate, di cui 389.733 attive, distribuite in 311.739 aziende nella provincia di Milano, 64.021 in quella di Monza Brianza e 13.973 in quella di Lodi. Rispetto al 2021 l’incremento è dell’1,6%, percentuale che assume ancora più valore se paragonata al dato lombardo (-0,2%) e nazionale (-0,7%).
Milano si conferma motore trainante (+1,8%), seguita da Monza Brianza (+1%). La provincia di Lodi si è mantenuta su un livello di assoluta parità rispetto al 2021. Emerge dal Rapporto annuale ‘Milano Produttiva’, realizzato dal Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi.

L’internazionalizzazione crea nuove opportunità

L’internazionalizzazione crea nuove opportunità alle aziende, con le esportazioni che reggono le pressioni e salgono a quasi 75 miliardi (+23,1%). I dati dei primi 3 mesi del 2023 indicano, tuttavia, un rallentamento rispetto all’ultimo trimestre 2022, primo segnale della frenata che si sta verificando nel commercio mondiale Nel 2022 prosegue poi il trend positivo delle importazioni (+20,4%) e delle esportazioni (+23,1%) nelle tre province. La performance migliore è quella del Lodigiano, che con una crescita del 39,6% dell’export e del 37,9% dell’import, in termini percentuali cresce di più rispetto a Milano (import +18,2%, export +22%) e Monza Brianza (import +24,6%, export +21,7%).
Milano, tuttavia, conferma il suo primato in Italia per il valore sia delle esportazioni (56 miliardi) sia delle importazioni (89 miliardi).

Settori e fatturati: incremento diffuso su tutti i territori 

Le indagini congiunturali dei settori per il 2022 indicano uno scenario di crescita diffusa su tutti i territori. Il settore manifatturiero ha registrato un incremento significativo della produzione industriale, in particolare a Milano (+6,8%) e Monza Brianza (+7,5%), mentre ha avuto un impatto più limitato a Lodi (+3,9%). Ripresa consistente anche per l’artigianato nelle province di Milano (+9,7%) e Monza Brianza (+7,1%), con effetti più ridotti nel Lodigiano (+1,9%). Il settore dei servizi ha evidenziato una crescita del fatturato principalmente a Milano (+15,9%) e in Monza Brianza (+16,2%), e in maniera più contenuta, nella provincia di Lodi (+7,8%).

Il trend dei settori economici nel 2023 e 2024

Inoltre, il commercio al dettaglio ha registrato un incremento di fatturato intenso nell’area metropolitana di Milano (+10,3%) e nella provincia di Monza Brianza (+8,4%), con risultati minori nel Lodigiano (+3,6%). Le previsioni per il 2023 stimano un aumento del valore aggiunto (+1,1%), guidato da servizi (+1,3%) e costruzioni (+2,4%), che bilanceranno il calo previsto per industria (-0,2%) e agricoltura (-1,9%). Nel 2024 le previsioni indicano un rallentamento della crescita del valore aggiunto dei tre territori (+0,8%), che si rifletterà anche sulle singole aree: la città metropolitana di Milano (+0,9%), la provincia di Lodi (+0,8%) e Monza Brianza (+0,3%).

Imprese: il prossimo futuro fra strategie competitive e sviluppo delle competenze

Dopo il Covid le aziende italiane hanno detto stop agli investimenti per lo smart working, meglio puntare su innovazione e prodotto. E se la formazione ora è rivolta a manager e dirigenti, e non ai neo assunti, per un’azienda su quattro il 2026 segnerà un cambio totale nell’operatività.
Sono alcune evidenze emerse dall’indagine annuale sui fabbisogni aziendali 2023 condotta da Fòrema, dal titolo ‘Strategie competitive e sviluppo delle competenze’. Nel sondaggio, che ha coinvolto centinaia di aziende principalmente dell’area del Padovano e del Vicentino, molte del settore metalmeccanico, è stato chiesto agli imprenditori di individuare il livello di priorità con cui l’organizzazione intende mobilitare il proprio capitale cognitivo. E più della metà del panel (53%) ritiene che investire nella formazione del proprio personale abbia una priorità medio alta o alta (20%).

Formazione: meglio valorizzare il manager

Formazione, quindi, ma in particolare per quanto riguarda il personale con ruoli di responsabilità, a cui un’impresa su quattro assegna priorità massima rispetto ai neo assunti, seguito dal personale operativo (21%). 
“Da quest’anno si registra anche la direzione generale e la proprietà dell’impresa come un target rilevante per l’implementazione delle strategie formative – commenta il direttore generale di Fòrema, Matteo Sinigaglia -. Nel 19% dei casi sono proprio queste figure imprenditoriali a evidenziare la priorità d’azione più alta”.

Più innovazione di prodotto, stop ai modelli organizzativi smart

Quanto alle aree e le funzioni aziendali che saranno maggiormente interessate da consulenze formative, gli interventi a supporto devono interessare gli uffici progettazione e sviluppo (22%), i processi produttivi (21%), l’area marketing e vendite (20%), la gestione dei sistemi informativi (19%).
Le aziende segnalano poi come particolarmente rilevanti per l’anno in corso innovazione del prodotto e dei processi (22%), digitalizzazione (21%), controllo di gestione (18%) e sviluppo dei collaboratori (16%). Escono dall’analisi i temi delle soft skills e dei modelli organizzativi smart, l’impatto ambientale della produzione, la sostenibilità sociale. E un’analisi pluriennale sulle priorità evidenzia una crescita per la digitalizzazione dei processi e delle attività.

Nel 2026 un’azienda su quattro sarà diversa

Per le aspettative di medio periodo fino al 2026, legate alla trasformazione della propria organizzazione, prevale la consapevolezza che nel prossimo triennio le attività aziendali, e di conseguenza l’organizzazione, saranno cambiate rispetto alla situazione attuale. Solo il 35% non prevede cambiamenti sostanziali. Anche se è sempre difficile fare previsioni, nel complesso il 58% converge verso uno scenario caratterizzato dall’aumento delle funzioni e delle attività aziendali, il 24% si aspetta un cambiamento radicale dell’azienda (era il 17% nel 2022) e il 30% ritiene che la struttura organizzativa sarà focalizzata su poche attività a valore.

Lavoro e sostenibilità: per un italiano su due è un binomio importante 

Oggi un italiano su due mette in pratica comportamenti responsabili e sostenibili anche nella propria attività lavorativa. Se nella vita privata si è sempre più attenti ai consumi, al corretto riciclo dei rifiuti, all’acquisto di prodotti green, sembra che ora ci si comporti in maniera responsabile anche nella sfera professionale. È quanto emerge dal report Deloitte dal titolo Il cittadino consapevole: comportamenti virtuosi in azienda per raggiungere un successo sostenibile. Di fatto, la sostenibilità sul lavoro diventa una priorità per un numero crescente di persone, una tendenza positiva che contribuisce a diffondere un approccio più sostenibile sul luogo di lavoro, influenzando, in ultima analisi, il modo di agire dell’azienda nel suo complesso.

I dipendenti confermano la svolta green delle aziende 

Stando ai risultati del report, un lavoratore su tre afferma che il proprio datore di lavoro ha avviato un processo di transizione sostenibile attraverso la definizione di un pattern di sostenibilità, con obiettivi chiari e integrato nella strategia complessiva dell’azienda. In particolare, un dipendente su due dichiara che la svolta green dell’azienda dove lavora sta procedendo tramite scelte di economia circolare in ottica di riduzione degli sprechi e di un maggiore utilizzo di materiali riciclabili nei processi produttivi. E per un lavoratore su cinque il proprio datore di lavoro sta puntando maggiormente sulle energie rinnovabili.

Non solo ambiente: la responsabilità deve essere anche sociale

Oltre all’aspetto della salvaguardia dell’ambiente, gli italiani richiedono alle aziende dove lavorano, o a quelle in cui vorrebbero lavorare, di adottare modelli di sostenibilità sociale e umana. In questo senso, emerge tra gli italiani un interesse verso l’adozione da parte della propria azienda di modelli di lavoro più flessibili ispirati al corretto bilanciamento tra lavoro e vita privata, la promozione di azioni mirate in favore dell’inclusione sociale e della riduzione delle disparità di genere.

Se l’impresa è sostenibile i lavoratori sono più impegnati e coinvolti

In sintesi, un impegno concreto sui temi della sostenibilità da parte di un’impresa crea un effetto a cascata sulle persone, che per due terzi del campione interpellato si dimostra in un maggiore impegno sul lavoro, e per quattro italiani su dieci, in un più elevato coinvolgimento in ambito lavorativo. E pur di lavorare per un’azienda sostenibile, il 25% degli intervistati si dichiara disposto addirittura a una riduzione di stipendio. Ma come si stanno comportando le aziende? Un italiano su tre si dichiara soddisfatto di quanto la propria azienda sta facendo in ambito di sostenibilità, riferisce Adnkronos. La stessa percentuale afferma che il proprio datore di lavoro ha reso disponibili risorse per incentivare l’adozione di best practice sul luogo di lavoro senza secondi fini. Ma un italiano su tre pensa che l’azienda stia attuando forme di greenwashing.

Cybersecurity: i punti deboli del settore Healthcare

I criminali informatici interessati al settore Healthcare hanno a disposizione numerose modalità per infiltrarsi nelle reti e provocare il caos. Canalys ha identificato sette punti critici che possono consentire agli hacker di sottrarre i dati dei pazienti, ed esporre le organizzazioni a frodi e sanzioni.
La scarsità di fondi è una delle principali cause della debolezza delle difese informatiche. Rispetto ad altri settori, la spesa in tecnologia delle strutture sanitarie è molto ridotta. Più della metà investe meno del 10% del proprio budget in tecnologia. Ma un budget limitato significa spesso meno personale dedicato a controllo, prevenzione e ripristino dopo una violazione. Oggi i provider di servizi sanitari delegano queste responsabilità a professionisti IT, più qualificati per gestire le difese necessarie a garantire la privacy dei dati dei pazienti e la conformità agli standard normativi.

I rischi dovuti ai sistemi legacy

I sistemi obsoleti possono essere troppo costosi da aggiornare. Canalys indica quindi tre azioni che gli MSP possono mettere in atto immediatamente per evitare i potenziali rischi dovuti ai sistemi legacy.
La prima è ridurre il numero di versioni e fornitori dei prodotti software, la seconda è segmentare le reti, ad esempio, rimuovendo da Internet le attrezzature critiche vitali e dispositivi simili per isolare un attacco o un incidente, e la terza è creare un diagramma di flusso con le specifiche responsabilità per il Centro operativo di sicurezza (SOC).

Internet of Medical Things e architettura di sicurezza frammentaria

Uno dei principali punti di vulnerabilità è costituito dai dispositivi connessi alle piattaforme cloud sui quali vengono archiviati e analizzati i dati dei pazienti. Uno studio IBM individua in media tra i 10-15 dispositivi connessi per ogni letto di degenza. I dispositivi medici compromessi possono mettere in pericolo la sicurezza e la privacy del paziente, oltre a esporre interi segmenti di utenti che utilizzano questi servizi. I fornitori di servizi sanitari si affidano in genere a diverse soluzioni di sicurezza dedicate e specifiche. Spesso questi sistemi disparati impediscono agli MSP di identificare potenziali cause di attacco e risolvere le vulnerabilità prima che i criminali informatici accedano a dati sensibili o distribuiscano ransomware.

Scam di phishing e ransomware

Gli utenti sono uno dei punti deboli più sfruttati dai criminali informatici. La scarsa consapevolezza del personale sui rischi associati a e-mail e siti web può essere devastante per i professionisti della sanità. Il Dipartimento statunitense per la salute e i servizi sociali (HHS) sta attualmente indagando su centinaia di casi associati al phishing e all’intrusione nei sistemi. Gli istituti ospedalieri sono obiettivi molto appetibili per gli attacchi di ransomware, perché è altamente probabile che gli amministratori paghino il riscatto richiesto. Spesso i fornitori di servizi sanitari cedono con facilità alle richieste di riscatto, per evitare potenziali conseguenze sulle vite dei pazienti nel caso in cui non sia loro possibile accedere alle proprie cartelle, o agli strumenti medicali connessi a Internet.