Great Resignation: come si difendono le medie imprese italiane?

Secondo le stime di Unioncamere e del Centro studi Tagliacarne nel 2022 in Italia le dimissioni volontarie sono state pari a circa il 19,5% del totale delle interruzioni lavorative, ovvero 1,66 milioni su 8,5 milioni di cessazioni. Nel 2018 le interruzioni spontanee del rapporto di lavoro erano state solo circa il 14%. Quindi, come possono le medie imprese italiane difendersi dal fenomeno delle Grandi dimissioni, e impedire una massiccia fuoriuscita di personale dalle aziende? Soprattutto, attraverso gli aumenti di stipendio, ma anche tramite la concessione di benefit aziendali e la flessibilità dell’orario di lavoro.

Incremento del salario, benefit e flessibilità oraria

A quanto emerge dall’indagine condotta da Unioncamere e dal Centro studi Tagliacarne, svolta in collaborazione con l’Area Studi di Mediobanca e presentata recentemente a Milano, la modalità che più di frequente viene adottata dalle medie imprese italiane per trattenere il personale qualificato in azienda è appunto l’incremento salariale, dichiarato dal 50% del campione intervistato.
Seguono, a moderata distanza, il riconoscimento di benefit aziendali, dichiarato dal 29%, e la flessibilità degli orari di lavoro, dal 27%. Sono queste le leve principali che le medie imprese italiane, affamate di personale qualificato, utilizzano per far fronte alla Great Resignation, il fenomeno, sempre più diffuso, delle dimissioni volontarie del personale.

Smart working: uno strumento poco usato al fine di non perdere le risorse

A maggiore distanza le aziende segnalano, inoltre, di offrire una maggiore autonomia nelle mansioni (19%), il riconoscimento del lavoro svolto (18%), e incentivi per la formazione (14%).
Meno ‘appeal’, al fine di non perdere le risorse aziendali migliori, sembrano avere la concessione dello smart working (13%), quella di percorsi di carriera privilegiati (12%) o di percorsi di carriera accelerati (7%).
“Solo poco più del 10% delle medie imprese – commentano Unioncamere e Centro Studi Tagliacarne – punta sullo smart working o sul coinvolgimento nelle decisioni aziendali per trattenere il capitale umano. E meno del 10% offre la possibilità di accedere a percorsi di carriera accelerati”.

Cosa chiedono i lavoratori? Non solo uno stipendio adeguato

“Dalle risposte delle aziende – aggiunge Andrea Prete, presidente di Unioncamere – si conferma che i lavoratori, in particolare quelli più giovani, chiedono non solo uno stipendio adeguato alle proprie capacità, che è pure un fattore molto importante, ma anche la possibilità di coltivare interessi, hobby e affetti familiari”. Ma il 16% delle aziende intervistate dichiara di non adottare alcuna pratica per trattenere il personale.