Medici e operatori sanitari “contagiati” dalla cattiva reputazione online

Una sorta di ‘virus’ invisibile che a insaputa di medici e operatori sanitari ne compromette potenzialmente l’attività. Si tratta della reputazione professionale online, che a quanto pare danneggia addirittura 9 medici su 10. Si tratta di un meccanismo alla base delle stesse dinamiche che regolano il web. Internet infatti non è che “un’enorme mole di informazioni immagazzinate su un determinato professionista, nutrite da recensioni degli utenti, da acquisizione di registri pubblici e dati inseriti in maniera più o meno consapevole dai medici stessi”, spiegano i legali Consulcesi, l’azienda di riferimento in ambito legale e formativo per i professionisti sanitari.

Durante la pandemia sono aumentate le recensioni negative

Di fatto, affermano i legali, Internet comunica, ma non cancella. Ecco perché, molto spesso, le informazioni vengono diffuse senza prima essere verificate. Questo meccanismo si è rilevato ancor più durante la pandemia, con molti medici che si sono trovati ad avere a che fare con una mole di recensioni negative sul web. In alcuni casi, riportano i legali Consulcesi, molti professionisti della sanità hanno visto addirittura apparire il proprio nome tra le notizie relative a una causa legale in corso, notizie pubblicate dalla stampa prima della sentenza, e mai rimosse, anche a fronte di una assoluzione.

Il diritto a ottenere la deindicizzazione o la cancellazione di un link

È proprio in virtù della difficoltà di mantenere un equilibrio tra privacy e diritto all’informazione che Consulcesi ha istituito il servizio legale “diritto all’oblio” per la rimozione di contenuti critici, falsi o scorretti che possano compromettere la professionalità dei camici bianchi. Ma cos’è il diritto all’oblio? Si tratta del diritto di una persona fisica, e non giuridica, a ottenere la deindicizzazione o la cancellazione di un link relativo alla notizia che la riguarda quando questa non riveste più interesse pubblico, soprattutto a causa del trascorrere del tempo. I dati personali possono essere infatti trattati solo per il tempo necessario a soddisfare lo scopo per il quale sono stati raccolti.

Il diritto all’oblio deve essere bilanciato con il diritto all’informazione

Più in particolare, il diritto all’oblio è previsto dall’articolo 17 del Regolamento UE 679/2016 (Gdpr) e nasce come evoluzione del principio sancito dalla sentenza della Corte di Giustizia europea del 13 maggio 2014. Non è un diritto assoluto, ma deve essere bilanciato con altri interessi in gioco, in particolare con il diritto all’informazione. Dopo un’analisi gratuita dei contenuti, e una attenta valutazione legale, scrive Askanews, il team di esperti elimina le notizie false, i commenti ingiuriosi, le informazioni lesive per l’immagine e i dati trattati illecitamente secondo la normativa vigente e il diritto all’oblio riconosciuto dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea.